Venghino siori venghino…il 31 dicembre si avvicina!

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Sono riapparsi in questi giorni alcuni comunicati di sindacati, cosiddetti autonomi, che ripropongono nuovi ricorsi e controricorsi. Il meccanismo è sempre il solito: se ti iscrivi non paghi nulla. Al di là che il costo di una tessera si aggira intorno ai 120 euro annui e dunque non è gratis, guarda caso escono sempre allorquando si procede con la rilevazione delle iscrizioni per accertare la rappresentatività delle singole organizzazioni sindacali. Strano? Non diremmo. Il sindacalismo autonomo (autonomo da cosa?) non è stato mai in grado di sviluppare l’intervento politico-sindacale e, di conseguenza, per cercare di accaparrarsi il consenso ha utilizzato sistemi diversi. Uno di questi è il “sempiterno” ricorso. Il giochino è presto detto: ti metto su il ricorso, con i miei legali, e se ti iscrivi non te lo faccio pagare altrimenti ha un costo mediamente alto. Lo scopo è chiaro: vincolare il nuovo iscritto mettendolo nella condizione di non poter revocare la propria adesione al sindacato promotore del ricorso.


Per non parlare degli esiti dei ricorsi. La maggior parte persi o ritenuti inammissibili. Come l’ultimo prodotto alla Corte europea dei diritti dell’uomo dichiarato “irricevibile”: altro che temporanea battuta d’arresto.


Ma poiché il 31 dicembre e il rinnovo delle RSU si avvicinano, allora si fa di tutto per strappare un po’ di consenso (tessere e voti) per continuare a campare. Oltre ai ricorsi ci sono le convenzioni con le Università telematiche, gli sconti presso esercizi o società di trasporti, finanche agli sconti nei supermercati.


D’altronde a che servono gli scioperi, le manifestazioni per difendere i propri diritti? Perdi la pensione, ti riducono i salari, calpestano i tuoi diritti ma non c’è problema: facciamo un bel ricorso!


Purtroppo dobbiamo prendere atto che una larga parte dei dipendenti pubblici ci casca, credendo che in questo modo, con il minimo sforzo, si possano risolvere i problemi. Magari bastasse questo. Da quando abbiamo perso la capacità di lottare, giorno dopo giorno e governo dopo governo, abbiamo visto peggiorare la nostra condizione di vita e di lavoro.


Ma pensiamo davvero che il blocco dei contratti sia solo una questione tecnica oppure è frutto di una politica che mira a ridurre i costi del lavoro per “liberare” risorse da destinare ai grandi gruppi finanziari o alle grandi imprese? Già solo partendo da questo semplice interrogativo un sindacato vero, cioè strumento di rappresentanza del mondo del lavoro e non solo, è obbligato a sviluppare il conflitto. Senza le lotte del movimento dei lavoratori del secolo scorso non avremmo ottenuto i diritti e le condizioni sociali che ancora abbiamo.


Quello che serve ai lavoratori e lavoratrici, pensionati, disoccupati, precari, è un sindacato che deve essere fuori da logiche di partito e di interessi, siano essi personali o di apparato.

 

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