Cambiare la politica sanitaria nazionale, rilanciare il SSN
Di seguito le considerazioni di USB Pubblico Impiego, sugli effetti dell’Autonomia Differenziata sul diritto alla salute e sul SSN, inviate al Segretario Generale del Ministero della Salute Dr Ruocco a seguito dell’incontro tenutosi il 10 maggio u.s. presso lo stesso Ministero.
CAMBIARE LA POLITICA SANITARIA NAZIONALE, RINCIARE IL SSN.
Come già rappresentato negli incontri del 07/05/2019 con lo Staff del Ministro degli Affari Regionali e del 10/05/2019 con il Segretario Generale del Ministero della Salute, l’Unione Sindacale di Base – Pubblico Impiego, sanità – esprime la propria contrarietà al progetto di Autonomia Differenziata in materia di diritto alla salute e servizio sanitario pubblico.
I principi e i valori di universalità, solidarietà, equità già pesantemente posti sotto attacco dall’Aziendalizzazione e dalla Riforma del Titolo V prima e dalla politica dei Piani di Rientro poi, verrebbero definitivamente affossati sancendo un SSN fonte di profonde disuguaglianze.
A distanza di anni gli effetti di queste politiche sono sotto gli occhi di tutti con milioni di persone che non hanno accesso alle cure, liste d’attesa incompatibili con prevenzione e cura delle malattie, la Riabilitazione per oltre il 90% in mano ai privati, una continua riduzione dei tetti della spesa farmaceutica, una carenza di personale d’assistenza che non ha eguali in ambito europeo.
Il prodotto di questa disuguaglianza, in spregio ad un diritto sancito dalla Costituzione, si è tradotto in un abbassamento dell’aspettativa di vita in salute, attualmente attestabile a circa 61 anni, con una forbice importante tra questa e l’aspettativa di vita, ampliando così l’area della cronicità multifattoriale e della disabilità. Il che, già di per sé, dovrebbe essere motivo sufficiente per una convinta inversione di tendenza rispetto alle politiche di sottofinanziamento del SSN poste in essere negli ultimi 20 anni.
Come documentato dalla Corte dei Conti, infatti, nel solo periodo 2010/2016 il SSN ha subito un taglio di 30 miliardi; tagli che sono proseguiti negli anni successivi, con una decrescita della spesa sanitaria procapite dello 0,3% ogni anno, avvicinando il nostro Paese ai livelli di spesa dei Paesi dell’Europa Orientale. Stessa sorte è toccata ai posti letto, che hanno subito un taglio di 25.000 unità per acuti nel periodo 2009/2015. Oggi il tasso di posti letto per acuti è il più basso della media OCSE, vale a dire 3,2% x 1000 abitanti contro il 4,7% della media europea. Stando così le cose appare evidente come il sovraffollamento dei Pronto Soccorso sia un problema strutturale e non certo emergenziale.
La chiusura di interi Ospedali, secondo i criteri del Decreto Balduzzi, oltre a contribuire all’abbassamento della disponibilità dei posti letto ha di fatto privato intere comunità, anche in aree disagiate, di strutture sanitarie pubbliche, lasciandole senza una reale alternativa.
Insieme ai cittadini a fare le spese di un simile progetto di Autonomia differenziata sarebbero anche le lavoratrici e i lavoratori della sanità. La disuguaglianza, creata da 20 sistemi regionali diversi, e già palesata nella possibilità delle Regioni e Aziende non soggette a Piano di Rientro e/o commissariamento di procedere all’assunzione di personale, pone già un problema di una non equa distribuzione dei carichi di lavoro - a parità di qualifica professionale - a seconda dell’area geografica di appartenenza. Le ricadute in termini di sicurezza sul lavoro del personale sanitario, con particolare riferimento al burnout o stress lavoro correlato sono talmente rilevanti da aver spinto, di recente, persino l’OMS ad inserire tale sindrome nella lista dell’ICD (International Classification of Diseases).
Da questo punto di vista la rimozione del vincolo al tetto di spesa del personale riferito al 2004 meno l’1,4%, conseguente all’annuncio della Ministra della PA di massicce assunzioni nell’ambito del lavoro pubblico, seppur positivo appare tardivo ed ampiamente insufficiente a colmare il divario venutosi a creare in oltre 10 anni di blocco del turnover.
Inoltre, appare poca cosa se non supportata da adeguate risorse per le assunzioni.
Per quanto riguarda l’aspetto salariale l’Autonomia Differenziata inasprirebbe ulteriormente le differenze stipendiali legate al salario accessorio, nella cornice di un contratto nazionale rinnovato dopo 9 anni di blocco - e già scaduto – senza il minimo recupero del potere d’acquisto e senza alcuna risposta sul piano dei modelli assistenziali.
L’Unione Sindacale di Base nell’esprimere la più netta contrarietà al progetto di Autonomia Differenziata ritiene essenziale il rilancio del SSN per garantire l’accesso equo e universale dei cittadini al diritto alla salute e porre così un argine alle disuguaglianze di questo Paese.
A tal fine riteniamo prioritario:
Aumentare il finanziamento, almeno all’ammontare di altri Paesi europei quali Francia e Germania, per colmare il depauperamento della sanità pubblica degli ultimi anni;
Assunzioni pubbliche per integrare gli organici carenti e garantire condizioni di lavoro dignitose e sicure;
Stabilizzare i precari;
Reinternalizzare i servizi sanitari e i lavoratori;
Rivedere in toto il sistema delle compartecipazioni alla sanità privata;
Garanzia dei LEA in tutte le Regioni e abbattimento delle liste d’attesa a partire dalla revisione dell’istituto dell’intramoenia.
USB Pubblico Impiego 30/05/2019