Cari ci costano questi tre mesi!

Nazionale -

TFR/TFS dei dipendenti pubblici: anche nella legge di bilancio 2026, malgrado le disposizioni della Corte Costituzionale, continua la "truffa della liquidazione". Un motivo in più per scioperare il prossimo 28 novembre.

Nella legge di Bilancio 2026 in discussione al Senato è stata inserita la previsione di ridurre da 12 a 9 i mesi che i dipendenti pubblici che lasciano il lavoro per raggiunti limiti di età o di servizio devono aspettare per vedersi corrispondere il loro TFR/TFS.

Questo  a  differenza di quanto previsto nel settore privato  dove i tempi di liquidazione sono stimati intorno ai 30/45 giorni.

Il ritardo nel pagamento di quello che non è un “regalo”, ma parte integrante della retribuzione, frutto dell’accantonamento obbligatorio  di quota della retribuzione da parte del datore di lavoro, non è dovuto a problemi di natura tecnica  ma a problemi di finanza pubblica: in sostanza lo Stato, datore di lavoro dei dipendenti pubblici, dilaziona i pagamenti per contenere la spesa immediata, scaricando su lavoratori  e lavoratrici il peso dei vincoli di bilancio.

Tale disposizione normativa è stata  introdotta con il DL 78/2010 e successivamente confermata negli anni.

Nel 2023 la Corte Costituzionale con la  sentenza n° 130 ha dichiarato che il differimento, ma anche la rateizzazione prevista dalla norma, del TFR/TFS sono incompatibili con la Costituzione, violando il principio della giusta retribuzione previsto dall’art.36 oltre che irragionevoli e lesivi dei diritti dei dipendenti pubblici.

La sentenza della Corte, pur non eliminando automaticamente il differimento, ha però invitato il legislatore a modificare la normativa per rimuovere gradualmente la disparità di trattamento con il settore privato.

La risposta del Governo a questo “invito” è stato l’anticipo di ben tre mesi sulla prima rata (fino a 50.000 Euro)  del TFR/TFS per chi va in pensione per limiti di età o di servizio,  previsto dalla     legge di stabilità per il 2026  in discussione   in questi giorni.

Una risposta che Zangrillo, mentendo sapendo di mentire, rivendica come un passo in avanti che, rendendo più rapido l’accesso alle indennità di fine servizio, va incontro alle richieste dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego che giustamente pretendono il trattamento previsto per il settore privato.

Zangrillo  infatti non dice  che questo anticipo di tre  mesi costerà a ciascun lavoratore  750 Euro, con un risparmio complessivo per lo Stato  di 22 milioni prelevato direttamente dalle tasche dei lavoratori  perché non potrà più essere applicata la detassazione dell’1,5%   prevista per le indennità corrisposte  decorsi 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, misura introdotta come compensazione parziale  agli ingiustificabili ritardi.

  • Non è accettabile che i lavoratori pubblici debbano attendere anni per avere quello che hanno già guadagnato!
  • Non è accettabile  che un anticipo di tre mesi su un diritto abbia anche un costo da pagare!
  • Non è accettabile che i vincoli di bilancio vengano  scaricati sui lavoratori e sulle lavoratrici!

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