Chi ha paura della democrazia?

Roma -

La scorsa settimana all’Aran abbiamo assistito in diretta ad una tristissima “lezione di democrazia”. È avvilente doverlo dire, ma la lezione non ce l’ha data la parte datoriale, rappresentata dall’Aran, che correttamente ha posto all’ordine del giorno la possibilità di costituire organismi di coordinamento delle RSU nelle amministrazioni delle Funzioni Centrali che hanno pluralità di sedi o strutture sul territorio nazionale. Questo allo scopo di farli partecipare  ai livelli di contrattazione integrativa nazionali e territoriali dai quali ad oggi le RSU sono escluse.

La lezione ce l’hanno data tutte le organizzazioni sindacali presenti al tavolo, prima tra tutte la Cgil, che con argomentazioni del tutto pretestuose e persino puerili, hanno alzato gli scudi contro questa possibilità, prevista dal d.lgs.165/2001, arroccate nella difesa della supremazia e dell’esclusività,  del loro ruolo ai tavoli dove si svolge la vera contrattazione. Ruolo che non può essere messo in discussione dalla presenza di coordinamenti RSU, regionali o nazionali che siano, e quindi di rappresentanti democraticamente eletti dai lavoratori. E pensare che la legge assegna sul piano della contrattazione  la piena titolarità alle RSU che “possono” essere affiancate dalle organizzazioni sindacali!

Fino a pochi minuti prima di affrontare il tema “tabù”, la parola democrazia era stata citata più volte, nel ribadire la necessità che tutti lavoratori possano esercitare il  loro diritto di voto anche nelle strutture delle Funzioni Centrali con più di 5 dipendenti. Impossibile immaginare di negare questo diritto nonostante le complicazioni procedurali che questo comporta e, diciamolo, anche nonostante il rischio concreto che vengano elette RSU che non rappresentino i lavoratori, che del resto non ci sono, ma solo se stesse.

Ci saremmo aspettati che lo stesso concetto di democrazia venisse applicato, con maggiore forza, anche alla possibilità di far partecipare le RSU, oggi relegate ai tavoli di contrattazione dove si contratta poco o niente, ai tavoli nazionali e regionali, laddove previsti. Dove la contrattazione, seppur fortemente limitata, è più “sostanziosa”.

Invece niente e le osservazioni fatte (“non capiamo a quale scopo… che ruolo dovrebbero avere?… la contrattazione è appannaggio delle organizzazioni sindacali!… con quali permessi?... e chi pagherebbe  le spese di trasferta?...”), insieme alla volontà di non lasciare nessuno spazio a quello che per noi sarebbe stato un evidente passo in avanti nel rafforzamento del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori eletti, dimostrano ancora una volta che, per questi paladini della democrazia a chiacchiere, le RSU servono solo a portare voti ai fini della rappresentatività e della spartizione delle agibilità che ne conseguono.

Per il resto… zitte e buone e soprattutto al loro posto!

Ci auguriamo che  lavoratrici e lavoratori  si ricordino di tutto questo, soprattutto quando saranno chiamati a candidarsi nella prossima tornata elettorale.

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Roma, 8 maggio 2023

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