Convivere col virus: sistema sanitario al collasso, ospedali chiusi per covid

Roma -

Se l'obiettivo delle misure adottate dal Governo dei "migliori" per tentare di contrastare l'ennesima ondata dell'epidemia da Covid 19 è quello di non sovraccaricare gli ospedali, di mantenere aperte le attività economiche e di garantire il funzionamento delle attività  scolastiche è oramai evidente che è miseramente fallito. Anche il tentativo di rassicurare sulla pericolosità della variante Omicron, descritta come più contagiosa ma con un decorso più favorevole, è naufragato rapidamente davanti all'aumento esponenziale dei contagi, che ha subito fatto saltare i fragili equilibri sui quali si  regge il funzionamento delle strutture ospedaliere e, a fronte delle centinaia di migliaia di  casi giornalieri e della carenza di personale, davanti all'immediata implosione delle centrali di tracciamento. A loro volta il territorio, la prevenzione e le USCA - il rafforzamento a dispetto delle parole è rimasto solo sulla carta -, sono stati travolti non riuscendo a garantire le prestazioni domiciliari alle persone contagiate che, non ricevendo risposta, hanno avuta come unica possibilità quella di rivolgersi ai pronto soccorso alimentando così un circolo vizioso di sovraffollamento.

Il personale sanitario già con organici ridotti all'osso, è oramai stremato da due anni di pandemia, da condizioni di lavoro insostenibili ed è ulteriormente decimato dai contagi e dalla mancata sostituzione del personale sospeso dal servizio, mentre ogni regola o tutela contrattuale è saltata. Le ferie non possono essere fruite, vengono saltati i riposi e i richiami in servizio sono continui. I laboratori analisi già indeboliti, in quanto a personale e strumentistica, per favorire quelli privati, si trovano a dover processare una quantità giornaliera imponente di tamponi e non riescono a fornire rapidamente risposte con le immaginabili ricadute sulla filiera di tracciamento e comunicazione del contagio. E' la dimostrazione che, a due anni dall'inizio della pandemia e ad uno dalla comparsa dei vaccini, è fallita completamente la strategia di contrasto al virus basata sui parametri del tasso di ospedalizzazione, sull'aumento, vero o presunto, delle terapie intensive e che si è fatto  poco e niente in realtà per il potenziamento dei dipartimenti della prevenzione e dellla medicina territoriale.

Insomma nessuna svolta nel contrasto alla pandemia, ma una devastante coazione a ripetere gli errori già commessi, come quello di puntare sul green pass, senza affrontare in maniera strategica il rafforzamento della sanità pubblica, e di adottare misure contraddittorie e discutibili che vanno ad alimentare la sfiducia e la diffidenza verso il vaccino. Che, come abbiamo sempre sostenuto, è uno strumento fondamentale ma non sufficiente.

Parlare di errori è però riduttivo, si tratta di una precisa volontà di non fermare le attività produttive e di sfruttare le enormi possibilità di profitto che dalla pandemia  possono  scaturire. In poche parole il virus deve circolare, quasi indisturbato, con esso si deve convivere e pazienza se, ancora una volta, nelle strutture ospedaliere si chiudono o si accorpano i reparti, tornano gli ospedali da campo, viene annullata qualsiasi prestazione sanitaria ordinaria - dagli interventi chirurgici  alle visite oncologiche - e i ritardi non verranno mai più smaltiti da liste di attesa già fuori controllo. L'importante è che i processi di privatizzazione della  sanità proseguano, che i cittadini paghino di  tasca propria le prestazioni e che il guadagno sia comunque garantito al privato.

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