Dirigenza PA: se 240.000 euro vi sembran pochi...

Roma -

L’intervista del presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, che al Messaggero rivendica la necessità  di rivedere il tetto dei 240mila euro fissato per i dirigenti pubblici, la dice lunga sulla “riforma” della Pubblica Amministrazione voluta dal ministro Brunetta.

Nel mentre di una trattativa per il rinnovo contrattuale delle lavoratrici e dei lavoratori delle Funzioni Centrali dello Stato che si attesta su un imbarazzante 3,8%, praticamente gli stessi 80 euro circa dell’ultimo rinnovo, in barba persino al già insufficiente 4,07%, che avrebbe portato  a poco più di 100 euro lordi di aumento mensile sbandierato da Brunetta, il presidente dell’Aran ci spiega che il vero problema della PA non sono i bassi salari, la carenza di personale, il mansionismo diffuso, ma il “tappo” dei 240 mila euro per i dirigenti. Così, senza vergogna!

Invitiamo Naddeo e Brunetta ad andare a spiegarlo ai  lavoratori e alle lavoratrici della sanità, della scuola, della ricerca, degli uffici pubblici, la cui funzione fondamentale è  stata messa in evidenza dalla pandemia e che da anni sono sottoposti a carichi di lavoro enormi a fronte di tagli e blocco del turnover.

È vero, esiste una questione salariale da affrontare nel Pubblico Impiego, dove spesso ci sono salari inferiori al privato in presenza di mansioni equivalenti, non di certo a partire dallo stipendio dei dirigenti ma dal divario tra chi guadagna molto e chi troppo poco.

Iniziamo quindi dal mettere sul tavolo del rinnovo del CCNL maggiori risorse visto che quelle attuali sono assolutamente insufficienti a garantire un contratto dignitoso.

Sono necessarie poi massicce assunzioni e non solo di super tecnici laureati in carriera, una seria revisione dell’ordinamento professionale che dia risposte a quanti da anni garantiscono il funzionamento della PA senza alcun riconoscimento economico e professionale, nuove risposte e  prospettive per il personale della sanità pubblica sfiancato da un anno e mezzo di pandemia vissuto in prima linea, il superamento del precariato e la reinternalizzazione dei servizi e dei lavoratori.

Le dichiarazioni di Naddeo non sono solo inopportune ma chiarificatrici di un modello di PA che anziché combattere le disuguaglianze le alimenta a partire dal proprio interno, nonostante la fase storica ci abbia messo drammaticamente sotto gli occhi la necessità di una PA di qualità al servizio dei cittadini. Quella per la quale continueremo a batterci in ogni sede, dal rinnovo del contratto ad ogni luogo di lavoro.

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