Il decreto Cura Italia come il Protocollo del 14 marzo: evidenti preludi di un nuovo "patto per la fabbrica" post emergenza

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Il diluvio di norme contenute nel Decreto Cura Italia ha il sapore di un decreto applicativo del Protocollo tra governo, confindustria e cgil cisl uil firmato il 14 marzo ed è evidentemente vocato a salvaguardare innanzitutto gli interessi di impresa piuttosto che i diritti e la salute dei lavoratori e delle lavoratrici. Il solo fatto che non si prenda proprio in considerazione la possibilità di chiudere le lavorazioni in tutte quelle aziende non indispensabili al contrasto al virus epidemico e che si consenta ai padroni, ai datori di lavoro di poter decidere loro, senza alcuna reale giustificazione, di continuare la produzione con l'unica avvertenza del rispetto delle norme e delle previsioni in materia di sicurezza, ci dice quanta subordinazione abbiano il governo e i sindacati complici ai diktat padronali. I licenziamenti degli RLS, avvenuti nei mesi scorsi in numerose aziende, anche a partecipazione pubblica, rei di aver esercitato appieno il proprio ruolo denunciando ciò che non veniva rispettato in materia di salvaguardia della sicurezza dei lavoratori, licenziamenti avvenuti ben prima che il coronavirus facesse diventare la questione della tutela della salute un punto principale di attenzione nei luoghi di lavoro, ci fa purtroppo già prevedere quale sarà la reazione dei padroni alle timide previsioni in tema di sicurezza contenute nel decreto di ricezione del protocollo che sono la foglia di fico dietro la quale si nascondono cgil cisl e uil. Tutto ciò accade mentre si contano a decine di migliaia i contagiati e a diverse migliaia i morti. Ma che succederà a emergenza finita o perlomeno ricondotta sui binari della "normalità" preesistente? Se il padronato ha ottenuto così tanto sostegno dai sindacati complici e dal governo in una fase in cui c'erano tutte le ragioni per gridare forte Prima la salute! cosa chiederanno al momento di cercare di recuperare gli utili persi in questi mesi? La crisi economica finanziaria che dovremo affrontare a fine emergenza sarà senz'altro di grande rilievo, crescerà a dismisura la competitività, in particolare tra i paesi europei che usciranno tutti parecchio malconci dai mesi di picco dell'emergenza e più durerà l'emergenza più malconci ne usciranno. Una nuova fase di austerity si profila all'orizzonte fatta di sgravi e finanziamenti alle aziende e di strette economiche, contrattuali, salariali e di diritti per il mondo del lavoro. Quei pochi rimedi che si erano con fatica introdotti o che si stavano lentamente introducendo, da quota 100 al reddito di cittadinanza fino all'introduzione del salario minimo torneranno ben presto sulla graticola e si inaugurerà una nuova stagione di sacrifici da far impallidire quelle trascorse che pure hanno gettato nella disperazione milioni di lavoratori, in particolare giovani, precari e lavoratori autonomi. Le mille previsioni di intervento contenute nel decreto Cura Italia, sono articolate per dare ad intendere che nessuno viene dimenticato ma la concretezza dice altro, in molti casi, nella stragrande maggioranza di interesse dei lavoratori e della popolazione, si procede sulla classica strada intrapresa da tempo, assunzioni a tempo determinato nella sanità solo per il periodo di punta, fior di quattrini alla sanità privata, già largamente sostenuta, negando così che di personale sanitario, di ospedali e posti letto ce n'era bisogno prima, ce n'è ora e ce ne sarà domani. Sulle spalle dell'Inps verranno caricati gli oneri della estensione della CIG anche a chi ha un solo dipendente mentre quattro spicci una tantum verranno dati al popolo delle partite IVA se sarà in grado di dimostrare un calo di fatturato rispetto al passato, da rilevare poi l'ipocrisia degli interventi per l'agricoltura e il bracciantato la cui tutela di applica solo se in grado di dimostrare di aver lavorato in regola per almeno 50 giornate nell'anno, cosa che, visto il far-West che vige nel comparto, non riguarderà praticamente nessuna delle figure a più alto tasso di sfruttamento. Ce ne sono molte di cose da verificare e da contestare, e con questa sintesi cerchiamo di renderle chiare e comprensibili a tutti, perché tutti capiscano la portata dell'operazione che si va profilando a emergenza chiusa. Si può continuare ancora per un po' ad affacciarsi ai balconi per un liberatorio grido viva l'Italia, poi la maschera verrà gettata e proveranno a rimettere ciascuno al proprio posto e per farlo chiederanno e otterranno ancora una volta l'aiuto e il sostegno di cgil cisl uil. Stavolta però il disegno sarà chiaro da subito e nessuno potrà dire che non si può fare diversamente.

 

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