In Emilia Romagna il caso delle ASP-Cra diventa esplosivo. Dove sono le istituzioni?

Bologna -

 

 

Insieme alla nostra delegata USB ci siamo presentati presso la Casa Residenza Anziani Saliceto di Bologna gestito dall'ASP Città di Bologna per chiedere conto della situazione di contagi tra operatori e degenti.

Abbiamo incontrato la dott.ssa Irene Bruno, dirigente Area Anziani dell'ASP. Illustrando le nostre preoccupazioni sulle misure messe in campo per evitare il propagarsi del contagio Covid 19 tra il personale e gli utenti, abbiamo chiesto quale sia ad oggi il numero preciso dei contagiati sia tra i lavoratori sia tra gli utenti.

 

Dopo 45 giorni dalla dichiarazione di pandemia ci sembra fondamentale che gli operatori siano dotati di idonei dispositivi di protezione individuale, che vi sia un congruo numero di tamponi già effettuati. Vogliamo conoscere i protocolli messi in atto e il numero del personale in servizio, nonché quali e quante sanificazioni si effettuano. Abbiamo anche chiesto se le delimitazioni tra zone rosse e zone bianche siano rispettate, se il personale viene utilizzato sia nelle zone rosse sia in quelle bianche, se il Documento della Valutazione dei Rischi è stato aggiornato, se tutti gli operatori (dipendenti e in appalto) siano stati informati e formati adeguatamente.

 

Tutto ciò che abbiamo già segnalato agli organi preposti (esposto alla Procura della Repubblica, alla Regione, ai NAS, al Prefetto, al Comune di Bologna in quanto socio di maggioranza di ASP) lo abbiamo ribadito in occasione di questo incontro durante il quale la dirigente ha affermato che tutto ciò che era previsto dai DPCM è stato effettuato nel rispetto delle disposizioni regionali e che, conseguentemente, quanto riportato dai lavoratori non risponde a vero.

 

Ma la realtà dice altro, ci dice di una situazione fuori controllo, con dipendenti in malattia o addirittura costretti all'isolamento della quarantena più rigorosa, tanto è vero che il personale è ben al di sotto del numero minimo necessario per garantire i servizi essenziali in una situazione di normalità.

 

Come USB sappiamo bene che le responsabilità politiche sono in capo in primis alla Regione, che per settimane ha ignorato i servizi socio-sanitari non rifornendoli di DPI e tamponi, ma ci sono anche le responsabilità amministrative gestionali che sono in capo alla dirigenza della struttura: la scelta di tenere gli operatori in servizio senza attendere l'esito dei tamponi, la disposizione di riciclare le mascherine, la mancanza di procedure e protocolli operativi consegnati direttamente agli operatori, il fatto che barelle con pazienti covid conclamati o sospetti siano stati fatti passare nei corridoi e nelle zone bianche.

 

Situazioni simili ci vengono segnalate in molte strutture sia pubbliche sia private in tutta la regione Emilia Romagna. Facciamo appello ai lavoratori e ai parenti degli utenti di queste strutture per abbattere la coltre di silenzio che in questa regione ancora permane sulle strutture CRA. Non possiamo assistere a vergognose minimizzazioni da parte della Regione su quello che sta succedendo nelle residenze ASP e nelle CRA. Il Covid19 è letale a causa della pessima gestione, della sottovalutazione, del pressapochismo, dell'improvvisazione, della miopia di una classe politica e amministrativa regionale arrogante e supponente che pensa possa ancora reggere una narrazione spudoratamente ottimistica, basata sul dogma dell'infallibilità della regione Emilia-Romagna.

 

I soci di maggioranza pubblici delle ASP, i committenti pubblici delle CRA private devono assumersi le proprie responsabilità politiche e sono chiamati a intervenire subito. La Regione si assuma la responsabilità di commissariare queste strutture e svolgere il ruolo che le è proprio e che finora non ha svolto rimanendo a guardare. Siamo anche molto preoccupati rispetto alle soluzioni che la Regione Emilia Romagna sta mettendo in campo per fronteggiare la carenza di personale in queste strutture: la deroga alle qualifiche professionali nello specifico per gli OSS, prevedendo addirittura l'utilizzo di lavoratori domestici, badanti e caregiver a supporto degli OSS, soluzione che, stando ai comunicati regionali, sembra essere conseguenza del “proficuo confronto con i sindacati” CGIL, CISL e UIL.

 

Non siamo per nulla d'accordo con questa soluzione che fa il paio con la dichiarazione del presidente Bonaccini sull'utilizzo dei percettori del reddito di cittadinanza per sopperire la mancanza di manodopera in agricoltura. I lavoratori non sono servi della gleba sacrificabili all'occorrenza, la professionalità non si improvvisa a fronte di una inqualificabile incapacità di programmare e progettare interventi adeguati. Non si può pensare di mandare al massacro lavoratori senza formazione in situazioni ad alto rischio di contagio, cosa che significa anche privare gli utenti della doverosa assistenza professionale di cui hanno diritto.

 

Ribadiamo ancor una volta che il personale deve essere assunto a tempo indeterminato  utilizzando tutte le graduatorie vigenti, sia provinciali che extra-provinciali. Una volta esaurite le graduatorie, almeno per gli OSS utilizzare la chiamata numerica diretta dai centri per l'impiego ai sensi dell'ex art. 16 L.56/87, ovviamente  garantendo in questa fase emergenziale anche una soluzione abitativa ai neo assunti.

 

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