Infermieri e Covid-19, l’insostenibile leggerezza dell’Ordine

Nazionale -

E finalmente, dopo l’inerzia e l’incredibile silenzio nei momenti più drammatici della pandemia da Covid-19, la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi) si sveglia e con una lettera al Ministro della Salute Speranza rivendica il ruolo dell’infermiere in questa emergenza e formula una serie di richieste che evidenziano, di fatto, un triste spaccato sull’utilità e sulla mancanza di prospettiva dell’ordine.

 

Incurante, infatti, della tragedia che ha scosso la popolazione e delle migliaia di morti, sorvolando sulle migliaia di infermieri contagiati e su quelli deceduti, ignorando le drammatiche condizioni nelle quali sono stati costretti a operare gli “eroi” di giornata, l’Ordine cerca di passare all’incasso sfruttando, quelli sì, il senso del dovere e di responsabilità dimostrati dagli infermieri, doti che però, a differenza di quanto scritto, non derivano dal codice deontologico, ma dall’etica personale.

 

Senza minimamente analizzare le cause dell’impreparazione mostrata dal SSN nell’affrontare l’emergenza, cause che vanno ricercate nella sottrazione di risorse al SSN, nella mancanza di personale, nel taglio dei posti letto, nella carenza di postazioni di terapia intensiva, nel mancato sviluppo della medicina territoriale, nella frammentazione del servizio sanitario a causa della regionalizzazione e nella mancata attuazione del Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia e senza peraltro tentare di proporne la soluzione, il Fnopi batte cassa chiedendo un’area contrattuale separata dal resto del personale del comparto, l’istituzione di un’indennità professionale specifica che riconosca e valorizzi le differenze con le altre professioni sanitarie, la possibilità di accedere alla direzione delle Aziende alla Persona e, usando come cavallo di Troia in maniera strumentalmente discutibile la tragedia che si è abbattuta sugli anziani ricoverati nelle RSA, la possibilità per gli infermieri pubblici di prestarvi servizio superando così il vincolo di esclusività.

 

Ebbene no, tutto questo è inaccettabile e irricevibile. La sanità pubblica si difende con un CCNL finalmente adeguato per tutti, la professione si valorizza e si tutela attraverso adeguate condizioni di lavoro e non con la brutta copia dell’intramoenia; le condizioni degli anziani ricoverati nelle RSA si migliorano facendole tornare sotto la gestione diretta del servizio pubblico, come dimostrano inequivocabilmente i dati drammatici diffusi dall’ISS.

 

Emerge – e purtroppo si conferma - chiaramente come anche al centro dell’agire dell’Ordine ci siano soprattutto parametri economici; una logica sovrapponibile a quella ormai evidente a tutti con la quale si è governato e costruito il sistema sanitario pubblico, anteponendo il profitto alla salute. Un sistema che ha mostrato tutte le sue enormi fragilità e maggiormente in quelle regioni –ad esempio la Lombardia- dove il processo di privatizzazione è più avanzato e dove si delinea in modo sempre più netto un’alleanza inestricabile tra amministratori della Sanità, ordini professionali e le frange più reiette di un sindacalismo complice del disastro.


Aspettarsi dall’OPI qualcosa di più alto profilo, di più nobile, di più responsabile, di più utile per l’intero sistema, qualcosa che non fosse mero interesse di bottega sarebbe stato evidentemente troppo.

 

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