La fase due: i prenditori mettono  le mani sullo Stato

Roma -

Doveva arrivare, dopo la breve tregua obbligata  dagli  effetti devastanti della pandemia e l'oscena retorica  sugli eroi della Sanità, l'offensiva  del Capitale  sui lavoratori  pubblici.
A distanza di un paio di giorni, un articolo  di Milano Finanza  ed una intervista di Flavio Briatore mettono  brutalmente  sul tappeto la proposta  dei padroni per uscire dalla crisi, o quantomeno per mitigarne gli effetti: ovviamente non una patrimoniale sui redditi alti (indipendentemente dalla appartenenza o meno alla Pa!), ma procedere  ad un prelievo  forzoso sui dipendenti pubblici, decurtando una quota dagli stipendi, e indirizzandola ai lavoratori  privati. Questa perversa  e distorta  forma di solidarietà nasconde malamente due questioni:
1) l'idea  di continuare  a pensare il lavoro  pubblico come  un costo e come una fonte dalla quale ricavare, quando necessario, risorse, sfruttando un ventennio di incessante offensiva sui garantiti  e i privilegiati;
2) Il fatto che questa  classe  dirigente non ha un progetto per uscire  dalla  crisi, e dunque la fase che stiamo  vivendo sarà  caratterizzata  da un violentissimo  attacco al lavoro dipendente, specie quello  pubblico, in nome peraltro  di una "serietà" che possa dare credibilità  al paese  nel contesto  europeo, permettendogli  di strappare condizioni migliori rispetto al Mes o ad altri dispositivi economici  oggi proposti dalla UE, che ridurranno il paese sul lastrico.
Comunque la si veda, comunque  si concluda  la votazione  su un emendamento che prova a fare passare subito  dalle parole ai fatti  questa proposta, lo scenario  è  pesante. Crediamo  che compito  di una  organizzazione sindacale  conflittuale  e generale sia, ancora di più  in un momento  come  questo, quello di rigettare  totalmente  questa proposta, di chiamare i lavoratori  a opporre un vero e proprio muro e a non accettare minimamente  il terreno  di questa visione  di se stessi come privilegiati. Non sono privilegiati  medici e infermieri che hanno lavorato con assoluta dedizione e spesso  privi dei minimi dispositivi di sicurezza, non lo sono quelli che con il loro lavoro stanno permettendo l'attuazione  dei provvedimenti  economici a sostegno di redditi e imprese  che il Governo  è  comunque  costretto  a prendere, non lo sono i lavoratori  della Ricerca, il cui ruolo centrale si è  reso senz'altro  più  visibile in questa  crisi, non lo sono i lavoratori della scuola  che nonostante le insufficienti e sempre inadeguate indicazioni del Miur hanno  mantenuto in piedi  la relazione pedagogica  con milioni  di studenti  in tutta Italia, non  lo sono tutti  quei lavoratori che spesso con strumenti di lavoro propri hanno  tenuto  in piedi  il ruolo  di tramite  tra Stato e cittadini  che è  poi il cuore della pubblica  amministrazione in tutta la sua complessa articolazione. 
Ma per rispondere  in maniera  adeguata, oltre a difendersi con tutti i mezzi e con  tutta la forza  necessaria, andiamo dicendo da tempo che occorre pensare ad un lavoratore pubblico  che  rivendichi  con forza un ruolo e abbia in mente  un modello di Stato  davvero  al servizio degli interessi popolari e dei diritti  universali. I lavoratori pubblici hanno pagato con dieci anni di blocco del contratto  la crisi del 2008. Hanno già dato, mentre nel Paese i ricchi diventavano  sempre più ricchi. La storia non deve ripetersi!
La stagione dei prenditori  pubblici e del Profit State deve terminare, ogni patto neocorporativo è  solo un danno per i lavoratori. USB PI lancia una stagione  di lotte per un nuovo  modello  sociale, pubblico e universale

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