Lettera al Presidente della Repubblica
Al Presidente della Repubblica
On. Sergio Mattarella
Egregio Presidente,
abbiamo ascoltato con attenzione il discorso da Lei tenuto in occasione del Suo insediamento a Presidente della Repubblica, durante il quale ha posto un accento particolare sulla necessità di far vivere la Costituzione, declinando 15 punti attraverso i quali a Suo avviso si realizzerebbe l’osservanza della Carta Costituzionale. E ancora una volta abbiamo dovuto registrare, nostro malgrado, una distanza abissale tra le parole della politica e la vita reale del Paese.
La sua nomina a Presidente della Repubblica cade in un momento difficilissimo per il Paese, massacrato da una crisi economica senza precedenti il cui prezzo viene pagato in particolar modo dalle fasce più deboli della popolazione, colpite dalla disoccupazione, dalla precarietà, dall’emergenza abitativa, dal taglio costante e continuo dei servizi pubblici, aumentando sempre di più la distanza tra la cittadinanza e quella Res publica che Lei si appresta a presiedere e garantire. Non possiamo non sottolineare come le scelte politiche che hanno riguardato negli ultimi anni il settore pubblico e i suoi lavoratori e lavoratrici, garanti concreti della presenza dello Stato sul territorio attraverso l’erogazione dei servizi, abbiano di fatto aumentato volutamente questa distanza, rendendo la Carta Costituzionale una scatola vuota costruita su principi che, contrariamente alle intenzioni dei padri costituenti, sono tornati astratti, privi di qualsiasi contenuto.
L’art. 4 della Costituzione riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro: appare sinceramente paradossale parlare di diritto al lavoro in un Paese che ha fatto con il Jobs Act della precarietà il proprio modello di riferimento e vede ad oggi centinaia di migliaia di precari nella Pubblica Amministrazione, per i quali non è prevista alcuna soluzione. Senza contare che nel solo Pubblico impiego solo negli ultimi anni 6 anni sono stati cancellati circa trecentomila posti di lavoro, mentre il Governo continua a parlare di esuberi, mobilità, licenziamenti, apprestandosi a fare le prove generali con i circa 20.000 lavoratori delle Province. Posti di lavoro sottratti al welfare complessivamente inteso, ai servizi di cura alla persona, alla difesa del territorio, alla tutela del patrimonio artistico e culturale.
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica” recita la Costituzione: ci chiediamo come questo enunciato si coniughi con una Scuola devastata da tagli continui e da riforme che non fanno che peggiorare, nonostante la professionalità di chi, con enormi difficoltà quotidianamente vi opera, la qualità del servizio. Classi sovraffollate, strutture fatiscenti, mancanza di personale e di risorse indicano chiaramente che siamo un Paese che intenzionalmente non investe nel proprio futuro. E il dato relativo all’abbandono scolastico, pari al 17,6%, uno dei più alti in Europa, è esemplificativo di come i diversi Governi che si sono succeduti negli anni abbiano affrontato il tema della scuola e della cultura. Per non parlare della Ricerca che assiste impotente ormai da decenni ad un progressivo depauperamento di mezzi e risorse.
Negli ultimi 10 anni sono stati cancellati negli ospedali circa 60.000 posti letto; dal 2009 ad oggi 24.500 posti di lavoro nel settore sanitario pubblico. Tagli che producono l’allungamento inaccettabile delle liste d’attesa, il sovraffollamento dei pronto soccorso, la mancanza dei mezzi e degli strumenti necessari, l’aumento dei ticket sanitari del 40% nel solo 2012 . ”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Eppure la Costituzione rimane carta straccia per circa 10 milioni di persone che oggi in Italia, per motivi economici non possono accedere a quelle cure che dovrebbero esser loro invece garantite. Un numero inaccettabile, destinato ad aumentare a causa del perdurare della crisi, dell’aumento della disoccupazione e della precarietà.
“Ottenere giustizia in tempi rapidi” ha dichiarato nel Suo discorso, signor Presidente. Ma non si può non sapere che i lavoratori e le lavoratrici del settore, da anni sotto organico, lavorano in condizioni inaccettabili, cercando di assicurare alla cittadinanza un servizio “decente” nonostante i tagli e i processi di ridimensionamento e i pochi mezzi a loro disposizione.
“Tutti devono concorrere con lealtà alle spese dello Stato”: musica per le orecchie dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, sui quali grava circa l’85% dell’intero gettito fiscale. Ma in un Paese con una evasione fiscale e contributiva da record, stimata intorno ai 240 miliardi di Euro annui, più che musica le sue parole risultano una beffa, soprattutto se inserite in un contesto nel quale non si ha alcuna intenzione di affrontare seriamente il problema. Così come per la corruzione, vera piaga di questo Paese, che grava sulla collettività per circa 60 miliardi di Euro ogni anno. Questione di scelte politiche, ovviamente. Che altrettanto ovviamente gravano sempre sugli stessi soggetti.
Per concludere, Signor Presidente, complessivamente riteniamo che l’apprezzabile richiamo ai principi costituenti non abbia alcuna credibilità in assenza di un intervento urgente a favore del settore pubblico, che ha il compito di tradurre in concreto, attraverso l’erogazione dei servizi alla cittadinanza, gran parte del dettato costituzionale, e dei suoi lavoratori e lavoratrici la cui dignità è ormai da anni calpestata in una sorta di persecuzione mediatica, strumentalmente utilizzata per giustificare la colpevole assenza di un contratto nazionale il cui ultimo rinnovo risale al 2007. Perché per far vivere concretamente la Costituzione servono investimenti e risorse nella Pubblica Amministrazione, serve restituire dignità al lavoro pubblico, servono riforme vere a favore del welfare. E serve restituire peso alle funzioni centrali dello Stato.
È Lei il garante della Carta Costituzionale, Signor Presidente e ci auguriamo che Lei intenda svolgere la Sua azione in modo conseguente ai principi richiamati nel Suo discorso.
Roma 6 febbraio 2015
USB Pubblico Impiego