RIDUZIONE DEI COMPARTI = RIDUZIONE DEI DIRITTI E DEGLI SPAZI DI DEMOCRAZIA
Con il nuovo anno il Governo tenterà di accelerare la trattativa per chiudere l’accordo all’ARAN sulla riduzione dei comparti di contrattazione nel pubblico impiego voluta da Brunetta, allora ministro della Funzione Pubblica, che passerebbero, per legge, da 10 a 4 . Una delle tante “chicche” inserite nel decreto legislativo 150/2009 , insieme alla valutazione per fasce, all’inasprimento del codice disciplinare, alla riduzione delle materie oggetto di contrattazione…
La questione della riduzione dei comparti sembrerebbe, apparentemente, essere una questione per soli addetti ai lavori, di scarso interesse per i lavoratori del pubblico impiego. In realtà le cose non stanno proprio così e sotto questa operazione si nascondono dei pericoli molto seri.
Per prima cosa l’accorpamento di comparti molto diversi tra loro, sia dal punto di vista organizzativo che delle funzioni che svolgono, in un unico, grande contenitore non avverrà a costo zero per i lavoratori. Nessuno si illuda che l’operazione avverrà attraverso un livellamento verso l’alto di diritti e salari, perché le scelte che scaturiranno dalla contrattazione, un minuto dopo definiti i nuovi comparti, andranno proprio nella direzione diametralmente opposta. Livellamento sì, quindi, ma verso il basso, esattamente come è avvenuto con i ticket mensa, ma questa volta su salari, ordinamento professionale, diritti soggettivi…
Inoltre la compressione da 10 a 4 dei comparti di contrattazione provocherà inevitabilmente, perché legata alla normativa sulla rappresentanza, la messa al bando di tutte quelle organizzazioni sindacali che, seppur rappresentative negli attuali singoli comparti, non raggiungeranno la rappresentatività confederale. In questo modo il monopolio di Cgil-Cisl e Uil verrà rafforzato automaticamente, lasciando a queste organizzazioni sindacali campo libero nel portare a termine l’operazione di completo sfascio del mondo del lavoro, perseguito con perseveranza e pervicacia negli ultimi decenni, restringendo ulteriormente e definitivamente gli spazi di democrazia all’interno dei posti di lavoro.
E’ del tutto lapalissiana quindi la risposta al cui prodest? di latina memoria. La riduzione dei comparti non porterà alcun beneficio ai lavoratori del pubblico impiego, anzi!, non porterà alcuna significativa semplificazione della contrattazione (basti pensare che nel privato i CCNL sono più di duecento a fronte dei 10 contratti del lavoro pubblico!), ma soprattutto tenterà di chiudere definitivamente la bocca a chi come USB in tutti questi anni ha dimostrato concretamente, nei fatti, di essere l’unica alternativa possibile al monopolio prima concertativo e poi complice di Cgil-Cisl e Uil.
Interroghiamoci, tutti:
Come si starebbe nei posti di lavoro senza l’unica alternativa possibile al sindacalismo complice?
Come sarebbe questo Paese senza l’unica forza sindacale che si sta opponendo alle politiche scellerate di tagli ai servizi, ai salari, ai diritti decise nelle stanze della finanza e del capitalismo europeo e avallate dai vari governi nazionali di turno?
CHE MONDO SAREBBE SENZA USB?