Sicurezza e benessere organizzativo, all'ACI è una chimera
Da un po’ di tempo non si pensa più alla sicurezza dei lavoratori.
Un esempio: quest’estate, quando c’è stato l’allarme bomba nello stabile di via Magenta, i colleghi sono stati di fatto abbandonati a se stessi. Le disposizioni sono state poche e confuse, e in quest’occasione non c’è stato un piano di emergenza (o non c’è proprio?!). E’ vero, era estate, i preposti erano in ferie ma l’intervento è stato di fatto pressappochista.
Se poi estendiamo l’analisi agli uffici territoriali, non sembra che il panorama cambi: molti dipendenti hanno le chiavi degli uffici provinciali per sopperire alla mancanza di un servizio di vigilanza preposto all’apertura e chiusura degli uffici; i colleghi che svolgono tali compiti si assumono - consapevolmente o inconsapevolmente - le responsabilità derivanti da tale funzione (ad es., in caso di furto saranno i primi a dover rispondere alle forze dell’ordine).
Ricoprire tale ruolo non valorizza i dipendenti, al contrario!
A ciò si aggiungano la mancanza di iniziative per rendere adeguati alcuni luoghi di lavoro, come ad es. Catanzaro, o per mettere in sicurezza le postazioni dove si maneggiano valori. In quest’ultimo caso, le nostre richieste di verifica vengono o ignorate oppure si propone come unica soluzione l’installazione di telecamere, che comunque sono soggette a delle norme che devono essere rispettate e non si può ricorrere a degli espedienti per aggirarle.
Il nostro datore di lavoro è l’ACI e nessun altro.
A nostro avviso, molto spesso, l’Amministrazione delega tale materia a funzionari delle società collegate che, non essendo a conoscenza dei contratti dei pubblici dipendenti, consigliano in modo non corretto i dirigenti e/o i funzionari dell’Ente, i quali assumono, di conseguenza, iniziative non in linea con le norme del settore pubblico
USB-PI ACI