TRIDICO: ALL'INPS ANCHE LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE. SINDACATI CONCERTATIVI E ASSICURAZIONI SI OPPONGONO

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E’ bastato che il presidente dell’INPS nel rapporto annuale al Parlamento accennasse alla proposta di affidare all’Istituto la gestione della previdenza complementare, in forma concorrenziale con gli altri fondi, per scatenare un fuoco di fila di dichiarazioni roventi da parte dei sindacati concertativi che sono direttamente interessati alla spartizione della torta delle adesioni ai fondi pensione e da chi rappresenta le assicurazioni e gli altri gestori dei fondi.

Sabato scorso MILANO FINANZA ha dato ampio spazio alla polemica con interviste a Domenico Proietti, segretario confederale della UIL, a Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza e direttore generale di FondInps ed a Francesco Briganti, segretario generale del Cross Border Benefits Alliance-Europe. Proietti ha affermato che in Italia c’è il miglior sistema di previdenza complementare dell’occidente: libero, plurale e concorrente, aggiungendo che un fondo pensione pubblico comporterebbe un cambio di modello e di modalità di calcolo dei rendimenti, lasciando intendere che sarebbe meno conveniente. Il sindacalista della UIL tuttavia non ha spiegato perché le adesioni nel lavoro privato a distanza di anni stentano a decollare, mentre nel pubblico impiego si può parlare di vero e proprio fallimento della previdenza privata, tanto che il Fondo Sirio, che avrebbe dovuto raccogliere le adesioni dei dipendenti dei Ministeri,  degli Enti pubblici non economici (INPS-INAIL-INPDAP ecc.), delle Agenzie Fiscali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’Università e degli Enti di ricerca, del CNEL, circa 260.000 potenziali aderenti, nel 2014 è stato costretto a chiudere per aver raggiunto solo 1.443 adesioni, fondendosi con il Fondo Perseo, destinato inizialmente ai lavoratori della Sanità e delle amministrazioni locali. Su una potenziale platea di 2.300.000 lavoratori, i due fondi alla fine del 2013 vantavano solo 7.138 adesioni, pari allo 0,3%. Un vero fallimento. E negli anni a seguire non è andata molto meglio, nonostante le incessanti campagne di propaganda.

Il presidente di Assoprevidenza, Sergio Corbello, direttore generale del fallito FondInps, il fondo di gestione del TFR inoptato dei lavoratori del privato, sul numero di MF di sabato scorso sostiene che l’INPS non abbia le competenze per gestire la previdenza complementare. Un’affermazione che lascia il tempo che trova, visto che arriva da un referente del mondo bancario ed assicurativo, diretto concorrente dell’Istituto pubblico di previdenza sociale. Infine, Francesco Briganti propone un sistema diversificato tra ripartizione e capitalizzazione.

A nostro parere la proposta di Tridico va sostenuta, anche se si muove all’interno dell’attuale assetto di un sistema previdenziale pubblico che la legislazione ha notevolmente peggiorato e che andrebbe profondamente modificato, recuperando l’aspetto solidaristico. Più che preoccuparsi di come favorire la crescita delle adesioni alla previdenza complementare bisognerebbe agire sul sistema di calcolo contributivo e sui coefficienti di rivalutazione per assicurare una pensione pubblica dignitosa a tutti, mentre l’attuale sistema scarica tale onere sul singolo lavoratore: più si guadagna e più contributi si versano e più elevato sarà l’importo dell’assegno pensionistico, ma in un mercato del lavoro contraddistinto da discontinuità, precarietà e sfruttamento, nonché da retribuzioni medio basse, difficilmente alla fine del percorso lavorativo si riuscirà a mettere insieme una pensione decorosa. Quindi i primi interventi legislativi dovrebbero riguardare le norme che regolano il lavoro dipendente e il sistema di calcolo della pensione, insieme alla revisione dell’età pensionabile che sta rapidamente scivolando verso i settant’anni. Spesso si parla di tenuta del sistema previdenziale riguardo alla spesa pensionistica, ma non si tiene conto che ogni anno circa 50 miliardi di quella spesa tornano nelle casse dello Stato sotto forma di tassazione fiscale. Quando si confrontano i dati con gli altri paesi bisognerebbe tener presente anche questo elemento, considerato che la tassazione delle pensioni in Italia è tra le più alte dell’Unione Europea.

Una volta assicurata una pensione dignitosa a tutti i lavoratori, coloro che volessero, su base volontaria, aggiungere al futuro assegno pensionistico una pensione integrativa potrebbero cedere parte del proprio TFR. Dal nostro punto di vista per la capacità organizzativa, i costi di gestione davvero concorrenziali, le banche dati, la sicurezza nella rivalutazione delle somme raccolte, l’INPS sarebbe il soggetto pubblico più indicato a gestire questa forma di integrazione della pensione. Non un soggetto privato controllato dall’Istituto, dunque, ma una gestione diretta da parte dell’ente pubblico, a cui il Parlamento dovrebbe assegnare tale compito. Le risorse raccolte dalle adesioni potrebbero essere impegnate per una politica di sviluppo sociale ed occupazionale con investimenti in infrastrutture, nella ricerca pubblica, nelle opere di utilità sociale. Piuttosto che alimentare la speculazione finanziaria si guardi dunque all’interesse collettivo e alla tutela delle risorse dei singoli lavoratori.

Una cosa è certa: l’adesione alla previdenza complementare od integrativa non crescerà in modo evidente finché a gestirla non sarà un soggetto pubblico riconosciuto da tutti e di cui tutti si fidino come l’INPS.

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