USB P.I.: A UNIONE EUROPEA E RENZI RISPONDIAMO CON LA MOBILITAZIONE.
E' davvero difficile ricordare un governo così prono ai voleri dell'impresa come quello attuale.
In questi anni, sotto dettatura della troika e in nome del rilancio dell’economia, la magnanimità del governo per il mondo dell'impresa non ha incontrato limiti sia sul versante fiscale che delle politiche del lavoro: taglio dell'Irap, tassa che, non dimentichiamolo, finanzia il SSN, misure fiscali costruite ad arte per consentire alla grande impresa e alle banche di aggirare il fisco nella più totale impunità, potere di vita e di morte sui lavoratori attraverso l'abolizione dell'art 18, incentivi fino a 8.000 euro per tre anni per chi assume con contratto a "tutele inesistenti". Senza che questo abbia minimamente scalfito una disoccupazione da tempo alle stelle.
Per i lavoratori pubblici, invece, contratti bloccati da sei anni, demansionamento, mobilità obbligatoria e, più in generale, drastica riduzione dei servizi pubblici erogati alla cittadinanza.
In questo quadro, mentre il Ministro Madia prova a differire ancora il termine per riaprire i contratti dei lavoratori pubblici subordinandoli alla preventiva riforma dei comparti di contrattazione e annuncia uno stanziamento per i rinnovi contrattuali pari a circa 20 euro lordi mensili, il premier Renzi strizza l’occhio all’Unione Europea, a Confindustria e, dopo l’annuncio del taglio delle tasse sulla casa, promette di inserire nella legge di stabilità, già a partire dal 2016, il taglio dell'Ires.
La discussione che si è aperta tra Renzi, sostenitore della riduzione delle tasse sulla casa e la Commissione europea, sponsor della riduzione delle tasse sul lavoro, cioè sull’impresa, al di là delle sottili differenze, è dentro la medesima logica: drenare risorse dal settore pubblico (attaccando contemporaneamente lavoratori e servizi pubblici) attraverso la spending review per dirottarle verso i ceti più abbienti.
Il terreno, d’altronde, è preparato da tempo.
Quante volte sentiamo ripetere genericamente che in Italia c'è una pressione fiscale troppo alta? Il messaggio è ingannevole perché si fa balenare per lavoratori dipendenti e pensionati (i più vessati dal fisco) il miraggio di una qualche riduzione fiscale, che puntualmente non arriva, e poi si avvantaggiano imprese (specie se grandi) e finanza, mentre i lavoratori subiscono il contraccolpo della riduzione dei servizi.
In un paese normale tutti dovrebbero pagare le tasse in proporzione al proprio reddito e poi le entrate fiscali dovrebbero servire per finanziare lo stato sociale ovvero istruzione, sanità e servizi pubblici.
Qui il discorso è totalmente capovolto: Renzi e l’Unione Europea utilizzano la spending review sulla pelle dei lavoratori pubblici e dei cittadini per finanziare il taglio delle tasse a tutto vantaggio della parte più ricca del Paese.
E poi non ci vengano a raccontare che non ci sono risorse per rinnovare davvero i contratti nel settore pubblico...